Se proprio dovrò cadere, che sia da un punto molto alto.
(Paulo Coelho)
Ad essere onesta non posso dire che il mio lavoro è il sogno ESATTO di una bambina diventato realtà.
Questo perché sono sempre stata un poliedro: non un unico interesse, non un’unica bambola, non un unico gioco. Amavo nello specifico tutto ciò che era fantasia: i lego, le matite colorate, gli spot televisivi anni ’90, il collage, le passerelle ed il pongo.
Volevo fare la pittrice, ma non di bottega. Guardavo spesso Mary Poppins, ed ero let-te-ral-men-te innamorata di Bert. Non tanto dalla sua arte, ma del suo spirito, di quel trasformare un foglio di carta stinto in una favola immaginaria a misura di sogno, di uomo e di bambino.
Il liceo artistico è stato il periodo scolastico più bello della mia vita: ore ed ora a disegnare con la musica nelle orecchie ed il mondo fuori, e pensare che mi lamentavo pure. Ho sperimentato il disegno accademico, rigoroso, e lo ringrazio oggi perché mi ha insegnato a tenere in mano una matita; righe accavallate, acquaragia, squadra da 60 e poi il disegno. Quello fantasioso, libero, dove occorreva solo aprire la testa e pescare qualcosa, a caso! Libertà!
L’università ha schiacciato l’estro esplosivo che avevo costruito, mi ha portata alla realtà, relativamente. Potevo fare sempre quello che volevo, ma non più nell’ottica di rompere le regole, di fare “tanto per”. Iniziavo a crescere, e a capire che tutto quello che facevo o decidevo aveva delle conseguenze. Mie e solo mie.
Dopo la laurea, dove non serviva più di tanto avere un’idea giusta o sbagliata, ho deciso di buttarmi. Da qualche parte sarei finita.
Un anno fa sono cresciuta davvero, non per i due bambini che ho portato alla luce qualche anno prima, né perché mi sono (quasi) sposata, ma per un nuovo spirito che ho trovato per strada.
Sono tornata indietro, in positivo. Oggi la passione è la mia più grande alleata di vita: raccolgo ogni cosa che svolazza in aria e nella mia testa, ogni immaginario che si schiera, ogni linea che richiama i miei interessi come i decori, gli stucchi, le opere d’arte, gli spazi. Poi i colori, la connessione e la proporzione di forme racchiuse in un perimetro, in una scena. Quindi l’architettura d’interni.
E mi accorgo che tutto torna a galla: il pongo, le forbici, le Barbie, le squadrette ed il collage.
Non esiste nessuna certezza, ma oggi so che questo è ciò che vorrei, ciò che sono, e che mi riempie di gioia, permettendomi ancora di sognare come una bambina.
E poi, quello che so fare meglio.
Questo sito è, oltre ad una raccolta dei miei lavori d’interni, una pagina bianca. Più che un blog è un diario non segreto, che accompagna il mio lavoro e che racchiude le mie calamità e i miei punti, tra ispirazioni e realtà.
Benvenuto!